Casalporino, Emilia Romagna
- Claudia Lena
- 29 mar 2020
- Tempo di lettura: 9 min
Aggiornamento: 6 apr 2020
Esiste un posto in cui si annulla tempo, spazio e forma.
Così inizio a scrivere un semplice post su Instagram senza aver la possibilità di dilungarmi più di qualche riga.
La verità è che l'idea di questo blog nasce proprio per racchiudere tutto quello che mi frulla per la testa:
dalle righe più brevi, ai testi più lunghi e articolarti.
E quel posto in cui si annulla tempo, spazio e forma è proprio un posto immancabile in questo raccoglitore.
Un posto di infanzia, un posto di casa.
Nelle mie memorie da bambina posso distinguere due tipi di momenti: quelli felici e quelli più difficili.
Indovinate? Tutti quelli relativi a questo posto sono classificabili nella prima categoria.
Da quando sono nata ho trascorso almeno un mese all'anno in questo luogo.
Un posto che chiamo “la casa in montagna”, portandovi alla mente a chissà quali vette.
La verità è che la mia casa in montagna non si trova in alcuno dei posti commerciali dove chiunque può vantarsi di possedere una casa.
E la verità è anche che, chi è davvero abituato alla montagna, potrebbe storcere il naso e dire che “Ah.. ma si tratta di Appennini!”
E va bene, va bene. Ma nei miei ricordi sarà s e m p r e la casa in montagna.
Geograficamente parlando ci troviamo in provincia di Parma, esattamente nel comune di Bedonia.
Ma tralasciando aspetti tecnici e geografici, decido di portarvi con me in questo posto tanto speciale.
Immaginatevi agosto, mamma e papà con le ferie e le settimane al mare già finite.
Immaginatevi il caldo, l'umidità in piena pianura e la voglia di volersi prendere una pausa.
La sera si decidono di preparare borse e borsoni in cui riporre vestiti per tutte le stagioni:
da quelli estivi alle felpe e pigiami invernali.
Successivamente si prende nota di non dimenticare nulla della seguente lista: carte da gioco, settimane enigmistiche, una piccola televisione che quasi sicuramente non prende, qualche scorta iniziale di cibo.
Infine, si passa al momento della buonanotte.
Al mattino sveglia presto, latte fresco e biscotti, mamma e papà che come al solito discutono per come sistemare le valigie in auto, l'ultima pipì che fa in tempo a farsi sentire... e si parte.
Le due ore in macchina trascorrono veloci:
il traffico è poco e guardare fuori dal finestrino è un piacere.
La prima ora di autostrada si può anche tralasciare. Il dopo, invece, ancora mi affascina.
Dal momento in cui si imbocca l'autostrada per Borgotaro, infatti, si inizia a smettere di ascoltare i discorsi proposti in auto.
I primi verdi, i torrenti, le infinite gallerie in cui iniziavo ad esaltarmi all'età di sette anni.
Io e mio fratello urlare “Le lucine, le lucine!”e mamma maledirci mentre cerca di dormire tranquilla.
Papà, al contrario, inizia con una delle sue spiegazioni da cui ancora oggi mi ingegno ad imparare.
Quando manca circa mezz'ora a destinazione, immaginatevi mamma ricevere una chiamata al cellulare.
Immaginate ora la voce di nonna dalla parte opposta del telefono dire: “Fermatevi a Bedonia”.
Bedonia risiede nella Val di Taro e costituisce da sempre la prima tappa di questo tragitto.
La cittadina, attraversata da un torrente, rievoca nella mia mente una serie di ricordi:
la stradina in cui da piccola stringevo forte la mano di mamma per la sensazione di venire inghiottita tra le persone (un po' come accadeva sempre al mercato);
la sfilza di botteghe, edicole, fruttivendoli e salumifici da cui inspirare ogni tre passi un profumo diverso;
il parchetto dei giochi alla fine del viale dove per la prima volta sono stata punta da un'ape.
Il giornale da prendere al nonno, i racchettoni per la nuova stagione in giardino,
le uova per la pasta fresca e i funghi per il sugo.
Quando tutto è stato recuperato e dopo aver quindi salutato i nonni,
ci possiamo rimettere in auto.
Arrivati al bivio successivo proseguiamo la nostra scalata verso destra, portandoci finalmente verso Ponteceno e arrivando ad Anzola.
Al momento non ci soffermiamo, ma ricordatevi questi due nomi: il primo per IL giornale del nonno, il secondo per la gastronomia più vicina a casa.
Tre chilometri di curve in salita dopo Anzola e arriviamo.
Casalporino.
Cosa? Sì, esatto.
Un nome mai sentito e nemmeno troppo pratico: Casalporino.
L'ingresso del paese si trova esattamente sulla destra dell'unico stradone percorribile e si caratterizza per il colore del cartello tutto blu.
Si tratta di un tuffo diretto: non appena sorpassato il piccolo tratto di prato sulla sinistra con le altalene, troviamo il cancello di casa.
La casa è esattamente la prima del paese: da lì in poi troverete una breve salita in grado di condurvi nel “centro” del posto.
L'edificio di casa si erge su tre piani ed è completamente circondato dal verde.
Davanti troviamo otto pini oltre i quali vedere appunto il parchetto con le altalene.
A precedere i pini troviamo un dondolo, qualche sdraio sparsa qua e là e un tavolo in legno su cui ritrovarsi durante le giornate, spesso anche a mangiare.
Ai lati del palazzo troviamo invece la legnaia, la griglia e un ripostiglio per gli attrezzi.
Dietro, infine, un vasto campo di verde in cui improvvisare un immenso campo da pallavolo.
Una volta portate le macchine in questo vasto prato prendo tutto il tempo necessario per ispezionare con calma i miei cari posti del cuore.
Al contrario, mamma e nonna si occupano di rispolverare casa da cima a fondo.
Io continuo ad esplorare con calma.. perchè la regola è una:
mai entrare in casa prima che non siano stati uccisi tutti i ragni.
Terminati i lavori entriamo con calma con le nostre valigie.
Sistemiamo i letti e gli alimentari in cucina, attacchiamo la televisione
e ammazziamo il tempo con qualche solitario a carte.
Poi nonna dice di andare a tavola e di arrangiarci un po', per oggi
(ma tranquilla che in qualche modo scoppieremo, nonna).
E poi buon appetito, e guai se vola una mosca che per il nonno mangiare in silenzio è sacro.
Dalla finestra l'aria che entra è fresca e sa di buono.
Qualcuno commenta la legnaia che si intravede nel retro e prospetta una stagione di umido.
"Siete tutti a posto? Volete il bis? Chi beve il caffè e chi lo allunga con l'acqua?
Volete la torta che ho preso a Bedonia?"
Scegli tu per tutti, nonna.
Io ho solo voglia di uscire in giardino e oscillare sul dondolo mentre l'intero paese riposa.
Un'oretta più tardi papà mi raggiunge riportando le intenzioni di casa.
Siccome domani arriva la famiglia che abita al piano sopra di noi, gli faremo trovare il classico pranzo di ritrovo.
Le cose essenziali le dobbiamo alle scorte di casa e a quelle due chicche prese a Bedonia.
Ma quello che non può mancare è un'altra cosa: la focaccia di Santo Stefano.
Santo Stefano d'Aveto è un comune ligure a 20km da Casalporino,
situato tra la conca del Monte Maggiorasca e del Monte Bue.
Come ogni anno rappresenta tappa fissa durante alcune delle nostre giornate in questo pezzo di mondo.
Così, dopo le novelle giunte dal papà, vado in casa a prendere il libro dei compiti estivi e mi siedo sul tavolo fuori.
Domani, all'arrivo dei gemelli miei coetanei, sarò sicuramente più distratta.
Il libro è alto e pesante, ma cerco di concentrarmi sul profumo delle pagine nuove per cercare una qualche motivazione. Come sempre, tra i due lati del volume, scelgo di iniziare da quello di italiano: a far matematica ci penserò quando mamma inizierà ad obbligarmi.
Così, tra un esercizio di grammatica e l'altro, inizio a pensare a domani mattina.
...
Le mattine a Casalporino vengono scandite da ritmi lenti e pacifici.
Le campane del paese suonano e annunciano l'inizio della messa,
qualche macchina scende dal centro del paese in cerca di sprovviste per il giorno,
altre persone scendono a piedi spingendosi in qualche passeggiata nel nulla.
In paese ci saranno in totale dieci famiglie: immaginate la pace che si può respirare.
Una volta svegliati con calma io e mio fratello dobbiamo portare a termine una missione:
trascorrere il minor tempo possibile in bagno prima che se ne appropri il nonno.
Una volta lavata la faccia, possiamo sederci per la colazione.
Il tavolo della cucina è posizionato in un angolo e il mio posto si trova su una panca rivestita in pelle che costeggia esattamente quell'angolo.
Sotto il naso mi trovo una tazza di latte fumante, quello che a casa non bevevo da giugno.
Nonna affetta il pane bianco e ci spalma la Nutella.
Chiede se voglio anche i cereali ma:
“No, nonna. Quelli li tengo per la sera mentre giochiamo a carte”.
Visti i tempi del nonno faccio con calma, prendendomi anche il tempo rimanente per un solitario.
Non appena il bagno si libera faccio veloce: dita strette intorno al naso e strofino bene i denti.
Infilo i vestiti, chiedo a mamma se siamo tutti pronti e decido di aspettare in macchina.
Sedermi sui sedili posteriori guardando tutto il verde del giardino è uno dei momenti che preferisco.
Poi sento tutti avvicinarsi alle auto, mio fratello salire su quella dei nonni ed io penso che bello posso allungare le gambe.
Il tragitto da casa a Santo Stefano sembra un'immersione tra i boschi.
Arrivati a destinazione cerchiamo parcheggio e sento i miei piedi iniziare a scalpitare.
Qui, nonostante i numerosi alberghi all'ingresso del paese, ho sempre percepito una sensazione più intima rispetto a Bedonia.
Seguo la nonna e la mamma mentre gli uomini si lanciano in qualche bar in cerca di una televisione.
In quel piccolo centro gioisco per delle piccolezze:
il macellaio, il calzolaio, la bottega, il fruttivendolo, la pasticceria Chiesa.
Questa rappresenta dove prendiamo la famosa focaccia. L'unica e inimitabile.
E vorrei, non sapete quanto, potervi riportare gli odori.
Quello dei funghi porcini secchi;
quello dei formaggi che da sempre mi fa cambiare strada;
quello di marmellate fatte in casa che, pungente, entra nelle narici;
Il profumo di forno e quello della legna,
quello che ricerco sulla strada del ritorno infilando il naso in qualche busta della spesa.
Quando arriviamo a casa mi curo bene di non far buttare alla nonna i sacchetti del fruttivendolo.
Quelli, insieme alla pesa da cucina, costituiranno infatti uno dei miei giochi preferiti di sempre: trasformarmi appunto nella fruttivendola della situazione.
Da dietro arriva mio fratello, insistente per la fame.
E non appena la nonna si gira un attimo, mamma ci allunga una listarella di focaccia facendo segno di filare fuori.
Così, nell'attesa di accogliere i nostri amici con focaccia ligure, salumi ed erbazzone,
vado in giardino ad interrompere le letture di papà.
...
Mentre penso al papà con il mano un libro, però, mi accorgo che domani mattina è ancora lontana ed io sono ancora in giardino a fare i compiti estivi.
Mi sforzo dunque a terminare le ultime due pagine: Le proposizioni.
“Facili”, mi dico.
Quando finisco trovo il nonno fumare in giardino.
Io non lo dico a nessuno, eppure il nonno un po' mi fa paura:
è un uomo alto, magro e con il naso storto... ma guai a dirlo a qualcuno.
Quando rientra in casa deduco dica qualcosa al papà, il quale esce a propormi due passi in paese.
Vi chiedo ora l'ultimo sforzo: immaginatevi il giro di un paese nel giro di dieci minuti.
Immaginate la salita appena fuori il cancello di casa costeggiata a sinistra da un immenso giardino verde, a destra dal resto di altre piccole case.
Immaginate al termine della salita qualcosa chiamata “piazzetta” circoscrivibile in circa una decina di passi.
Intorno le case e le poche persone che, come noi, qualche mese dell'anno si trasferiscono lì.
Salutiamo chi c'è mentre scopriamo che molti devono ancora arrivare.
Dopo la piazzetta si possono prendere due strade diverse:
una dritta, che porta nel bosco, e una a sinistra, che termina il giro del paese.
La strada dritta ci insegnano da piccoli essere proibita: solo con i genitori è permesso percorrerla.
Io e papà proseguiamo d'istinto verso sinistra avviandoci al termine del paese.
Appena prima di trovare sulla nostra destra chiesa e cimitero chiesa
infiliamo il naso nella casa appena di fronte, proprio sul lato opposto della strada.
Immaginate ora una casa non vostra,
nel paese in cui avete la vostra casa in montagna,
riportarvi in qualche modo un vostro sapore di infanzia.
I signori che la abitano ci vedono, ci sbracciano e sorridono, ma ci pensa il papà a mettere le mani avanti:
“Non vi vogliamo rubare tempo, saliremo dopo cena insieme ai nonni”.
Questo perchè, come rispondono i signori, “le tradizioni devono essere rispettate”.
Io e papà terminiamo così in breve tempo il nostro giro: una volta arrivati alla chiesa, infatti, ci si ritrova sullo stradone principale.
Da lì si tratta di fare due passi ben attenti alle macchine e alle moto che transitano.
E una volta terminato il curvone, ritroviamo l'ingresso del paese.
Dal giardino è possibile vedere il sole tramontare ed è proprio questo il momento per farsi un bel bagno caldo nella vasca più scomoda di sempre.
Alla sera torna necessario coprirsi: pantaloni lunghi, felpone e calzettoni pesanti.
Per cena un minestrone in cui il nonno versa il suo Montepulciano,
una fetta di pane e l'intenzione di andare a trovare i signori in paese,
originari di Piacenza e da sempre molto legati ai nonni.
La loro casa è ben visibile dalla nostra e, mentre la ammiro dal nostro giardino,
nonna mette le sue ciabatte più comode per raggiungerla.
La salita del paese è ora illuminata dai lampioni e permette di vedere,
ai lati della strada, i lumaconi che escono dal guscio.
La ghiaia scricchiola sotto le ciabatte e presto raggiungiamo i nostri cari.
Ci accolgono a braccia aperte con sorrisi, schiamazzi e l'inconfondibile odore dei loro vestiti.
Successivamente, essendo la serata non troppo fresca, decidiamo di metterci in giardino.
Presto arriva il thè freddo fatto in casa per me e mio fratello;
per i meno piccini, invece, ecco la grappa e il nocino.
La serata scorre veloce tra gli aneddoti dell'anno e qualche coccola al loro cagnolino.
Ma si sa che io, da sempre, sono quella con meno resistenza.
Inizio a sentire gli occhi chiudersi, a fare premura alla mamma e a volermi bere la mia tazza di latte bollente.
Eppure, non sembro avere voce in capitolo.
Mi arrendo così all'idea di appisolarmi qua fuori, al fresco e respirando aria buona.
Tu, mamma, ricordati di chiamarmi quando andate via.
Ricordati di svegliarmi e di non lasciarmi qua in giardino, mamma.
Mentre io, nel frattempo, mi riposo pensando a domani.
Al giro a Santo Stefano,
i miei amici che arrivano
e ai giochi in quel vasto giardino
che vedo anche ora
da qui.
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